Lo strano caso del pavimento pelvico

Dopo l’ormai consueta nuotatina giornaliera nel web per mantenere il tono muscolare, tra un articolo scientifico e un abstract, decido di fare il punto sul pavimento.
Se all’ improvviso chiedessi: quando dico pavimento pensi a uomo o donna?
(“donna” risponderei)

Sarà sicuramente colpa della pubblicità, ma rientra nel 98% delle probabilità il fatto che alle donne piacciano pavimenti puliti e arrivino a sfiorare drammi se, dopo averli lustrati, qualcuno possa sporcarli.

Se a questo punto chiedessi: quando dico pavimento e limito il campo alla Medicina, convenzionale o non, pensi a uomo o donna?
(“donna” risponderei)

In effetti, digitando su vari motori di ricerca, i primi risultati riguardano prevalentemente disfunzioni e patologie a carico del pavimento pelvico femminile.

Accipicchia.

E così mi immergo nella weblettura del bacino e del pavimento pelvico femminile con la stessa determinazione di quando decido il download di un gioco, con i necessari passaggi per il completamento dell’installazione.

 

Click.
Doppio click.
Mi trovo in un gioco virtuale, “Fabiola e il pavimento del bacino” , in cui il superamento di mille insidie e trabocchetti mi porterà alla soluzione dello strano caso del pavimento.
Ma quanti imprevisti incontrerò lungo il tragitto del sistema nervoso con i suoi meccanismi di on-off, per non parlare poi del coinvolgimento dei centri pontini e dei meccanismi di innesco della minzione con relativo innesco della via monosinaptica?
E’ proprio un trabocchetto quello in cui quella specie di orco vorrebbe farmi cadere quando mi propone di scegliere tra yes or not. Ma anche qui riesco ad avere la meglio perché apro la porta dello yes: lo sfintere esterno e la fionda del puborettale “are intemately fused together”.
Ed ecco, finalmente, arrivarmi un bonus partita dallo sfintere interno e dal suo “voluntary inhibition reflex” che mi consentono di intraprendere con energia rinnovata l’ultima parte di questo gioco che ha una stanza d’accesso dal nome molto impegnativo (sexual performance and reproductive process) in cui vengo sottoposta ad un tiro incrociato di domande su muscoli, sedi, pressioni e tensioni, posizioni, contrazioni, distensioni, allungamenti, ballooning, che mettono a dura prova il personale senso del pudore e della privacy.
Riesco un po’ malconcia ad uscire anche da questa stanza e mi trovo a percorrere un rettilineo in cui più ostacoli cercano di farmi cadere e retrocedere alla posizione iniziale ma il viaggio mi ha fatto crescere, gli ostacoli mi hanno fortificato, sorrido percorrendo gli ultimi metri di questo virtual game e senza paura apro la porta dell’ultima stanza.
No pain.
Click.

Il bacino è il centro dei sentimenti, della creatività, delle emozioni, dell’intuito e della sessualità.
Il perseguire ciò che è piacevole, è qualcosa che da’ gioia e crea la vita.

Il bacino è influenzato dal modo in cui le emozioni sono state espresse o represse a partire dalla nascita fino al momento in cui insorgono i primi malesseri.

Anziché ascoltare la comunicazione interiore, per pregiudizio o senso di colpa troppo spesso controlliamo i messaggi che riceviamo dal corpo.
Chiudere anche parzialmente questo tipo di comunicazione significa reprimersi, privarsi del gusto di vivere e di manifestarsi.
Significa avere paura.

La malattia è l’incarnazione problematica di un modello in cui il paziente è costretto a vivere e che consapevolmente non accetta perché opposto a quello che sta vivendo.

Una malattia non potrà mai essere cancellata senza una compensazione.

La vera guarigione richiede un’alternativa.

Le alternative non devono venire dal polo opposto ma devono essere il più simile possibile in base al modello, in altre parole, devono essere omeopatiche (il simile con il simile).

Il primo passo verso la guarigione consiste nel fare in modo cosciente e volontario ciò che la malattia sollecita.

Il problema vero non è rappresentato dai sintomi fisici, che si possono superare in pochi giorni, ma dal modello che resta ancorato in profondità e dal quale non ci si riesce a liberare.
Ogni terapia, benché prescritta con le migliori intenzioni, se non riesce a raggiungere il livello del modello che sta alla base della malattia non potrà mai arrivare alla sua risoluzione ovvero alla guarigione.
Spesso (tutte le forme di dipendenza) il modello non può essere cambiato per cui l’unica possibilità consiste nel viverlo in un’ altra forma.

Ogni malattia ha un significato e un compito da svolgere.

La malattia ci rivela il livello non risolto, ovvero quello che finora non abbiamo voluto accettare, e ci mostra il compito che dobbiamo svolgere per trasformare un’esperienza dolorosa in un rituale che renda possibile una crescita serena e consapevole.

Fabiola Marelli
Osteopata

 

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