Trigger word in Osteopatia: differenziare l’ascolto

«Ma lo sai Fabi che sono davvero sorda?»
«Cioè?»
«Sì! in classe dico spesso agli allievi di ripetere la domanda schernendomi di essere un po’ sorda…»
«…..non solo in classe Liliana…. 😉 »
«…..e adesso, dopo tanto tempo che mi autodefinisco un pò sorda, ho fatto il test audiometrico e lo sono per davvero! »

La sordità in genere non capita a caso.
Sordità non significa che non puoi udire ma solamente che c’è qualcosa che non va con le orecchie.

L’orecchio è il primo degli organi sensoriali a formarsi e lo fa ad una velocità incredibile visto che risulta essere completo e funzionale a partire dal quarto mese di gravidanza. Al quinto mese della vita embrionale l’orecchio è un organo già adulto, capace di immagazzinare le informazioni e di preservare le tracce dei messaggi.
Le prime sensazioni neonatali ci giungono grazie all’apparato uditivo: la collocazione nello spazio, il controllo del movimento, il contatto con gli altri esseri umani.
E’ limitativo e limitante considerarlo come un semplice meccanismo che risponde a stimoli in quanto l’orecchio è un vero e proprio sistema percettivo dotato di un apparato neuronico in grado di coinvolgere il funzionamento del corpo e della psiche.
Comunemente si crede che la gente con sordità viva in un mondo di silenzio ma perfino chi è totalmente sordo può ancora udire/sentire suoni.
La sordità profonda copre un ampia gamma di sintomi, anche se comunemente sta a significare che la qualità del suono udito non consente di comprendere sufficientemente il linguaggio parlato soltanto attraverso la fonazione.
Il suono è semplicemente aria in vibrazione che l’orecchio raccoglie e converte in segnali elettrici che vengono interpretati dal cervello.


Per qualche ragione noi tendiamo a fare una distinzione tra udire un suono e sentire una vibrazione ma in realtà sono la stessa cosa. In presenza di frequenze di vibrazione molto basse l’orecchio comincia a diventare inefficiente e la parte del senso del tatto del resto del corpo comincia a funzionare al suo posto.
Se siete per strada e un autocarro vi passa vicino, ‘udite’ oppure ‘sentite’ le vibrazioni?
L’udito è fondamentalmente una forma specializzata di tatto.

Se dunque è possibile sentire le vibrazioni a bassa frequenza, è altrettanto possibile sentire quelle ad alta frequenza. Il motivo per cui ci risulta difficile sentirle risiede nel fatto che l’incremento della frequenza produce una maggior efficienza dell’orecchio che soffoca il senso sottile del sentire le vibrazioni.
Udire i suoni. Sentire le vibrazioni.
C’è un altro elemento/senso da aggiungere: la vista. Senza altri suoni che producono interferenze è possibile udire qualcuno che sta parlando ma non comprendere ciò che dice senza l’input della lettura labiale.


Quando vedo vibrare la membrana di un tamburo o le foglie di un albero mosse dal vento, il mio cervello crea un suono corrispondente.
Il segnale elettrico viene generato nell’orecchio e insieme ai molteplici bit informazionali provenienti dagli altri quattro (quattro davvero?) sensi viene inviato al cervello che poi processa i dati per creare l’immagine del suono.
L’udito di ciascuno è differente anche se l’immagine del suono costruita dal cervello è la stessa, così che non sembra esserci apparentemente alcuna differenza.
La differenza risiede nel diverso rapporto che ogni singola persona ha con il suono stesso.

L’orecchio è il sistema percettivo che in rapporto agli altri sensi rappresenta un veicolo di percezione che non può essere chiuso o aperto a nostro piacimento come la vista; quando andiamo a dormire è l’ultimo organo che si addormenta e al mattino è il primo che si sveglia.
Udire è un fenomeno fisiologico: è possibile descrivere le condizioni fisiche dell’audizione facendo ricorso all’acustica e alla fisiologia dell’udito.
Tutti siamo in grado di udire ma incontriamo grosse difficoltà quando si tratta di ascoltare.
Il filosofo Epitteto diceva: “Abbiamo due orecchie e una sola bocca proprio perché dovremmo ascoltare il doppio e parlare la metà”.
Ascoltare è un atto psicologico in cui, oltre al coinvolgimento della percezione dei suoni da parte dell’apparato uditivo e l’elaborazione da parte del cervello, è insita la volontaria disponibilità ad accogliere le parole.
Ascoltare significa assumere il punto di vista dell’altro, anche se solo momentaneamente.
Si ascolta una persona solo se si presta attenzione alle parole che dice e si cerca di comprendere quale significato a loro attribuisce in relazione alla sua visione del mondo.

Ascoltare significa entrare in contatto con lo stato emotivo di chi ci parla.
Le emozioni sono una parte inscindibile del messaggio che riceviamo.
C’è ascolto se c’è empatia.


Quando comunichiamo con l’ altro spesso non ascoltiamo quello che dice ma estrapoliamo dal discorso le parti più vicine al nostro modo di pensare, scartando istintivamente il resto.
Siamo portati a trarre le conclusioni per poi crearci intorno le premesse.
Quando parliamo con l’ altro, la parte istintuale di noi attiva il dialogo interno irritandosi se non le è consentito di rispondere immediatamente perché potrebbe correre il rischio di dimenticare ciò che si ha da dire.
Abbiamo spesso la presunzione implicita che il nostro punto di vista sia corretto o comunque più rilevante rispetto a quello del nostro interlocutore.

Quando si presume che ascoltiamo non facciamo altro che disturbare il messaggio che riceviamo.

L’Uomo comunica per l’80% con il corpo e per il 20% con le parole.
L’ascolto implica dunque anche la comprensione del linguaggio non verbale.
Per ascoltare occorre voler fare un atto.
All’atto di udire deve seguire un altro processo, un atto volontario di comprensione, qualcosa di più o meno razionale, che consenta di far entrare al nostro interno il significato di ciò che udiamo.

Nel rapporto che si instaura tra osteopata e paziente quest’ultimo dovrebbe essere ascoltato come persona competente il quale, conoscendo molte peculiarità del suo problema, possiede altrettanterisorse iniziali da attivare e stimolare.
Attraverso l’ascolto l’osteopata coglie le esperienze relazionali, le storie di vita che hanno segnato profondamente la persona, trasformandolo in questo modo in un eccezionale strumento terapeutico e professionale.
Saper ascoltare significa riuscire a comprendere perfettamente il messaggio che ci lancia il nostro interlocutore senza margini di errore, così da poter partecipare alla conversazione in modo appropriato.
Saper ascoltare richiede tre funzioni principali: attenzione (ovvero un reale e interesse verso l’altro), chiarezza (verbale e di pensiero, cioè evitare il nostro personale schema mentale),comprensione (imparzialità, lungimiranza e stima nell’interlocutore).
E’ fondamentale per ciascuno di noi imparare ad ascoltare non solo con le orecchie ma anche con gli occhi e col tatto osservando il linguaggio non verbale in una prospettiva olistica, cogliendo quanto ci viene detto e dimostrando di averlo compreso riformulando e sintetizzando.
E’ importante nella professione di osteopata riuscire sempre a focalizzare l’attenzione sul significato del discorso del nostro paziente e non sulle trigger words, ovvero quei termini che hanno una valenza suggestiva così forte da inviare un segnale di stop al nostro cervello con il rischio di interrompere l’ascolto per farci elaborare una risposta, oppure di sovrapporci o peggio saltare alle conclusioni.
«Cavolo! E quali frequenze non riesci a sentire Liliana?»
«Sento solo quelle della “fascia centrale”, diciamo così»
«E allora … cambia verbo, è così semplice! Non sentire più le domande dei tuoi alunni.….Ascoltale.»


Esistono altre orecchie, oltre a quelle fisiche.
Esistono anche altri suoni, oltre a quelli fisici.
Altre vibrazioni, oltre a quelle sonore.
E’ qui che entra in gioco un altro tipo di ascolto. Quello che ti permette di sentire qualcosa di più. Che ti consente di imparare.
Abbassare la fonte di rumore, il pensiero meccanico, il rumore della mente, per ascoltare il silenzio.
E quando arriva il tuo silenzio allora puoi dedicarti all’ascolto della persona che ti sta di fronte.
E’ una questione di esercizio.
Arrivare al silenzio è una questione di volontà, di esercizio e di profondo interesse verso l’altro.
Il bellissimo rapporto che lega l’ascolto all’Essenza è la nostra innata capacità di percepire l’interiorità di ogni altro Essere vivente attraverso il suono senza penetrarlo.

 

Fabìola Marelli
Osteopata

 

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